Contro violenza e soprusi: rompere il silenzio per spezzare l’isolamento carcerario

Carlo Saturno era detenuto nel carcere di Bari quando a seguito dell’ennesimo pestaggio subito, fu rinchiuso in una cella di contenimento; da quella cella Carlo uscirà in fin di vita e con un cappio intorno al collo, incontrando la morte il 7 aprile del 2011 nel Policlinico di Bari [1]. Carlo avrebbe dovuto testimoniare in un processo riguardo le violenze e le torture subite da lui e da altri carcerati tra il 2003 e il 2004 nel Carcere minorile di Lecce. Il procedimento contro 9 guardie carcerarie accusate di lesioni e abuso su minore si è avviato nel 2007 e per la sua volontà di testimoniare Carlo ha subìto un inferno fatto di vessazioni, minacce, isolamento, a prescindere dalle carceri nelle quali veniva trasferito, da Novara a Taranto, fino a Bari, dove troverà la morte [2].

Carlo Saturno

Carlo muore

Il processo contro gli abusi nel carcere di Lecce si concluderà con un nulla di fatto nel 2012, mentre sempre nello stesso anno, in un processo stralcio, un ispettore di polizia penitenziaria è condannato a un anno di reclusione (pena prescritta) per violenze commesse ai danni del personale operante all’interno della struttura carceraria [3].

Il processo per fare luce sulle cause della morte di Carlo non ha mai visto l’inizio, nessuna imputazione, nessun colpevole, nessuna responsabilità [4]. La storia di Carlo è solo una delle centinaia e centinaia di storie di violenza, abbandono, mancanza di cure e morte tra le mura carcerarie del nostro paese.

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Rompere l’isolamento: scriviamo alle compagne e ai compagni colpiti dalle recenti azioni repressive a Torino e Trento

In questi ultimi mesi ed in particolare da quando si è insidiato al Ministero degli Interni Matteo Salvini sembra di essere ritornati agli anni ’80 quando le case e le sedi dei compagni erano definite “covi”, gli amici e i compagni di lotta definiti “fiancheggiatori” e le relazioni politiche tra compagni si trasformavano in “organizzazioni”. Azioni di polizia in grande stile, militarizzazione dei territori, perquisizioni a tappeto,  durante le recenti inquisizioni a Torino e Trento, hanno portato tanti compagni e compagne nelle carceri italiane accusati di 270 bis (associazione sovversiva con finalità di terrorismo) e 280 bis (attentati con finalità terroristiche e di eversione).


Alcuni compagni hanno scritto: “Non abbiamo risposte semplici. Ma alcune buone domande.
Si può cambiare questo stato di cose senza lottare? Si può lottare senza rischiare? Le condizioni per cui valga la pena rischiare matureranno mai da sole? Intanto, che facciamo? Da più parti si strilla al fascismo per le politiche di Salvini. E poi? Si inorridisce per un botto alla sede della Lega? Avanti. Che ognuno ci metta del suo, perché qualcuno non debba metterci tutto.”

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KILL THE POOR – La guerra ai poveri in USA e in Italia: discriminazione e carcerazione di massa

Giovedi 25 Ottobre
Cineteatro Mimi Milano -> Ex-Caserma Liberata

Non solo Marange – Collettivo di mutuo soccorso e cassa di resistenza presenta:
KILL THE POOR – La guerra ai poveri in USA e in Italia: discriminazione e carcerazione di massa

Ore 20:00
Cena sociale a sostegno di NSM

Videochiamata con Sandra Berardi – Associazione Yairaiha Onlus – Cosenza

Ore 21:00
proiezione del film documentario di AVA DuVERNAY
13TH – Da schiavi a criminali con un solo emendamento
(USA 2016 – 1h 40min)

13th è un documentario di Ava DuVernay che mostra chiaramente il legame tra politiche carcerarie statunitensi e le forze del sistema economico capitalista che ne è alla base.
Il lavoro della regista afroamericana prende il titolo dal tredicesimo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d’America, l’emendamento che nel 1865 pose fine ad ogni forma di schiavitù e costrizione personale, sancendo però che questo principio non fosse applicabile a coloro che venivano stati giudicati colpevoli di un reato dopo regolare processo. L’immediata conseguenza di questa postilla all’emendamento fu un aumento di arresti e condanne di afroamericani costretti quindi ai lavori socialmente utili, una scelta che aprì la strada all’associazione afroamericano=criminale.

L’Associazione Yairaiha O.N.L.U.S., costituita a Cosenza nel 2006, nasce con fini esclusivamente di solidarietà sociale. In particolare si pone come obiettivi primari la tutela e la difesa dei diritti umani con particolare attenzione a quelli della popolazione sottoposta a limitazione della libertà e dei minori migranti non accompagnati.

Presentazione di L’aria brucia con Antonio Susca e Carla Rotondi

Venerdì 31 Agosto
nell’ambito del Bari Hardcore Fest
ore 19:00
Non Solo Marange
presenta in compagnia degli autori
Antonio Susca e Carla Rotondi

L’ARIA BRUCIA – Rivolte, solidarietà e repressione nelle carceri italiane (1968-1977) Ed. Red Star Press – Hellnation Libri

«Sarebbe davvero imperdonabile lasciare scivolare nella dimenticanza questi fatti, come se non fossero mai accaduti, e privare i detenuti di oggi e di domani della loro storia di ieri».

Contrassegnato da un tempo percepito come immobile, costretto in uno spazio ristretto e separato rispetto alla società che lo istituisce, il carcere irrompe nella «storia», da cui si vorrebbe isolato, soprattutto grazie all’uso di quel particolare strumento politico che è la rivolta. Un paradigma che, negli anni compresi tra il 1968 e il 1977, assume un valore particolare; per la capacità del carcere di trasformare la protesta sociale in «scuola di rivoluzione», da un lato. Ma anche per i problemi che la repressione, attraverso l’introduzione della differenziazione del regime di detenzione, finisce con il porre alla stagione delle rivolte carcerarie. L’aria brucia, con dovizia di particolari, ricostruisce quella che alla resa dei conti resta ancora una storia oscura e sconosciuta, dando un contributo fondamentale alla conoscenza della conflittualità politica e sociale italiana.

ANTONIO SUSCA – Nato sul finire del 1982 nella provincia est barese, in leggero ritardo per vedere l’Italia campione del mondo ma abbastanza per ricordarsi della caduta del muro. Quando ha tempo libero gli piace riempirlo con la storia politica, i concerti hardcore e l’extreme wrestling.

GIANCARLA ROTONDI – Classe 1984, custodisce da ascoltatrice seriale preziosi tessuti di racconti orali che tramanda e intreccia prima che possano andare persi. Ha sempre questioni politiche e filosofiche tra le mani e un matita tra i pensieri, per scrivere, appuntare, far poesia.

Ed. Red Star Press
Collana: Unaltrastoria

 

Rompere l’isolamento: scriviamo a Giorgio, Moustafà e Lorenzo

Uno degli scopi primari della repressione e dell’istituzione carceraria è quello di isolare i detenuti dalla realtà che li circonda e dagli affetti. Scrivere ai/alle nostri/e compagni/e detenuti/e così come ai tutti/e i/le detenuti/e è un importante atto di solidarietà che spezza l’isolamento che lo stato impone attraverso le mura carcerarie e i dispositivi di controllo. Per spezzare le catene dell’isolamento, manifestazioni, presidi e iniziative politiche di solidarietà sono importanti così come scrivere una lettera per dire loro che non sono soli, attraverso le proprie parole.

— “Nell’ora della rivolta, nessuno resta mai veramente solo”

Giorgio, Moustafà e Lorenzo liberi subito

L’antifascismo non si arresta

scrivete lettere e inviate telegrammi a

Giorgio Battagliola
Moustafà Elshennawi
Lorenzo Canti

Casa circondariale “San Lazzaro”, via delle Novate 65, 29122 Piacenza

Quando scrivete, lasciate nella busta da lettera anche altre buste da lettera, fogli e francobolli in modo da facilitare una risposta e verificate correttamente l’affrancatura alla posta. Le lettere tra i 20 e i 35 grammi costano circa 2.50 euro.
Quando scrivete ricordate che in molti casi la corrispondenza è sottoposta a censura.

di seguito una serie di consigli tratti da https://www.autistici.org/mezzoradaria/scrivere-ai-detenuti/

Perché scrivere a chi è recluso.
Il tempo può essere un castigo quando si viene privati della libertà di disporne a piacimento, quando lo stato rinchiude qualcuno in una cella e lo priva dei suoi rapporti e si prende un pezzo della sua vita.
Può essere una prova molto dura, a maggior ragione quando ad affrontarla si è da soli. Ricevere solidarietà dall’esterno infonde una forza che può fare la differenza. Cominciare uno scambio di lettere può anche alleviare la solitudine della cella e fare sentire ad una persona che non è sola.
Che sia un telegramma, una cartolina o una lettera ogni contatto con l’esterno è una piccola breccia nell’isolamento a cui vorrebbero condannare i reclusi e le recluse. Oltre a queste considerazioni, c’è il fatto che intrattenere una corrispondenza con un recluso è spesso uno spunto di crescita personale e una bella esperienza.

Cosa scrivere.
Può non essere semplice scrivere una lettera a qualcuno che non si conosce, in molti ci troviamo spesso davanti alla difficoltà di scrivere qualcosa che non sia banale o stupido di fronte alla situazione sicuramente grave di chi sta scontando un periodo di reclusione.
Tuttavia non bisogna dimenticare che chi è in carcere è una persona come noi e spesso la cosa più semplice da fare è iniziare presentandosi e spiegando i motivi che ci hanno spinto a scrivere. Se non si ha nulla da scrivere un disegno o un collage può essere comunque un modo per trasmettere ciò che non si riesce a trasmettere a parole, oppure si può inviare un libro, informandosi prima sulle regole che vigono in ogni carcere, ad esempio in alcuni non possono entrare le copertine rigide o i testi sottolineati.
Per permettere alla persona di risponderci è importante indicare il mittente sulla lettera. E’ anche buona norma mettere la data in cui la lettera è stata inviata. E’ un bel pensiero inoltre allegare un francobollo all’interno della busta, dato da specificare nella lettera in modo che nessuno prelevi il bollo senza che ce ne si accorga.
Bisogna poi tenere conto che ciò che si scrive a chi sta in carcere viene con molta probabilità letto anche dalla polizia interna, quindi è meglio di evitare di scrivere qualunque cosa che possa tramutarsi in un problema per se stessi, altri o per la persona a cui si scrive.

Se non riceviamo risposta
A volte può capitare che di non ricevere risposta dalle persone a cui si è scritto. Non prendiamocela. I motivi possono essere tantissimi: da un disguido delle poste alle guardie che trattengono le lettere, può essere anche che il detenuto in questione abbia molte lettere a cui rispondere e che ci vorrà del tempo prima che riesca a rispondere a tutti. I motivi possono essere molti e in ogni caso non c’è motivo di prendersela.

A chi scrivere.
Scrivere a qualcuno dentro è un impegno che può sembrare da poco ma che una volta preso va mantenuto, quindi è meglio non sovraccaricarsi di lettere a cui rispondere se non si ha la certezza di mantenere nel tempo i contatti.

Sino alle quattro mura che vi tengono rinchiusi – Scrittura collettiva di lettere ai prigionieri politici

Sino alle quattro mura che vi tengono rinchiusi
Scrittura collettiva di lettere ai prigionieri politici

Uno degli scopi primari della repressione e dell’istituzione carceraria è quello di isolare i detenuti dalla realtà che li circonda e dagli affetti. Scrivere ai/alle nostri/e compagni/e detenuti/e così come ai tutti/e i/le detenuti/e è un importante atto di solidarietà che spezza l’isolamento che lo stato impone attraverso le mura carcerarie e i dispositivi di controllo. Per spezzare le catene dell’isolamento, manifestazioni, presidi e iniziative politiche di solidarietà sono importanti così come scrivere una lettera per dire loro che non sono soli, attraverso le proprie parole.

— “Nell’ora della rivolta, nessuno resta mai veramente solo”

Sabato 4 novembre, durante la 3a edizione della Tattoo Circus – Benefit Anticarcerario, in Ex-Caserma Liberata
dalle ore 18:00

Partecipa all’iniziativa di Non Solo Marange per la scrittura di lettera ai prigionieri.

Scrivi a chi, rinchiuso in carcere ha bisogno di lettere e supporto.
invia affetto e sostegno ai compagni inguaiati e passa una serata insieme a noi. Costruiamo comunità resistenti che combattano ovunque la repressione.

NON SOLO MARANGE
Collettivo di mutuo soccorso
e cassa di resistenza – Bari

Rompere l’isolamento: scriviamo ai detenuti e alle detenute

Uno degli scopi primari della repressione e dell’istituzione carceraria è quello di isolare i detenuti dalla realtà che li circonda e dagli affetti. Scrivere ai/alle nostri/e compagni/e detenuti/e così come ai tutti/e i/le detenuti/e è un importante atto di solidarietà che spezza l’isolamento che lo stato impone attraverso le mura carcerarie e i dispositivi di controllo. Per spezzare le catene dell’isolamento, manifestazioni, presidi e iniziative politiche di solidarietà sono importanti così come scrivere una lettera per dire loro che non sono soli, attraverso le proprie parole.

— “Nell’ora della rivolta, nessuno resta mai veramente solo”


Paska e Ghespe liberi subito
Liberta’ immediata per i detenuti del #G20 di Amburgo
Liberta’ per tutte e tutti

Quando scrivete, lasciate nella busta da lettera anche altre buste da lettera, fogli e francobolli in modo da facilitare una risposta e verificate correttamente l’affrancatura alla posta. Le lettere tra i 20 e i 35 grammi costano circa 2.50 euro.
Quando scrivete ricordate che in molti casi la corrispondenza è sottoposta a censura.

di seguito una serie di consigli tratti da https://www.autistici.org/mezzoradaria/scrivere-ai-detenuti/

Perché scrivere a chi è recluso.
Il tempo può essere un castigo quando si viene privati della libertà di disporne a piacimento, quando lo stato rinchiude qualcuno in una cella e lo priva dei suoi rapporti e si prende un pezzo della sua vita.
Può essere una prova molto dura, a maggior ragione quando ad affrontarla si è da soli. Ricevere solidarietà dall’esterno infonde una forza che può fare la differenza. Cominciare uno scambio di lettere può anche alleviare la solitudine della cella e fare sentire ad una persona che non è sola.
Che sia un telegramma, una cartolina o una lettera ogni contatto con l’esterno è una piccola breccia nell’isolamento a cui vorrebbero condannare i reclusi e le recluse. Oltre a queste considerazioni, c’è il fatto che intrattenere una corrispondenza con un recluso è spesso uno spunto di crescita personale e una bella esperienza.

Cosa scrivere.
Può non essere semplice scrivere una lettera a qualcuno che non si conosce, in molti ci troviamo spesso davanti alla difficoltà di scrivere qualcosa che non sia banale o stupido di fronte alla situazione sicuramente grave di chi sta scontando un periodo di reclusione.
Tuttavia non bisogna dimenticare che chi è in carcere è una persona come noi e spesso la cosa più semplice da fare è iniziare presentandosi e spiegando i motivi che ci hanno spinto a scrivere. Se non si ha nulla da scrivere un disegno o un collage può essere comunque un modo per trasmettere ciò che non si riesce a trasmettere a parole, oppure si può inviare un libro, informandosi prima sulle regole che vigono in ogni carcere, ad esempio in alcuni non possono entrare le copertine rigide o i testi sottolineati.
Per permettere alla persona di risponderci è importante indicare il mittente sulla lettera. E’ anche buona norma mettere la data in cui la lettera è stata inviata. E’ un bel pensiero inoltre allegare un francobollo all’interno della busta, dato da specificare nella lettera in modo che nessuno prelevi il bollo senza che ce ne si accorga.
Bisogna poi tenere conto che ciò che si scrive a chi sta in carcere viene con molta probabilità letto anche dalla polizia interna, quindi è meglio di evitare di scrivere qualunque cosa che possa tramutarsi in un problema per se stessi, altri o per la persona a cui si scrive.

Se non riceviamo risposta
A volte può capitare che di non ricevere risposta dalle persone a cui si è scritto. Non prendiamocela. I motivi possono essere tantissimi: da un disguido delle poste alle guardie che trattengono le lettere, può essere anche che il detenuto in questione abbia molte lettere a cui rispondere e che ci vorrà del tempo prima che riesca a rispondere a tutti. I motivi possono essere molti e in ogni caso non c’è motivo di prendersela.

A chi scrivere.
Scrivere a qualcuno dentro è un impegno che può sembrare da poco ma che una volta preso va mantenuto, quindi è meglio non sovraccaricarsi di lettere a cui rispondere se non si ha la certezza di mantenere nel tempo i contatti.

Presidio solidale anticarcerario – 25 Agosto 2017 – Bari

Anche d’estate, soprattutto d’estate, non dimentichiamo chi è stato privato della libertà. I detenuti del carcere di Bari sono rinchiusi in un luogo di violenza, privazione, spersonalizzazione individuale ed affettiva. Il carcere ha ormai perso qualsiasi funzione riabilitativa e di reinserimento nella società. I rapporti sul carcere di Bari di Antigone e Yairaiha Onlus ci descrivono un luogo di detenzione fatiscente e vetusto, sovraffollato, senza luoghi di socialità adeguati, con spazi aperti molto limitati, dove la stragrande maggioranza dei detenuti è in attesa di giudizio.

Il carcere di Bari ha un affollamento del 120%, il 30% dei detenuti è tossicodipendente, il 15% dei detenuti è straniero. Nelle carceri italiane ufficialmente si muore per malattia o suicidio, ma la maggior parte di queste morti sono avvenute per cause non chiare dalla mancata assistenza sanitaria, ai casi di overdose, alle morti violente come quella di Carlo Saturno trovato “suicidato” in una cella di contenimento dopo un litigio con le guardie carcerarie nel Marzo del 2011.

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La poesia e i linguaggi artistici come antidoto alla repressione: un viaggio nelle carceri italiane e nei bracci della morte degli Stati Uniti.

Sabato 17 Settembre, dalle ore 16:00 Ex Caserma Liberata, una giornata rivolta a chi è recluso in collaborazione con le Brigatepoetirivoluzionari
Ore 18:00 – Poesia Resistente
La poesia e i linguaggi artistici come antidoto alla repressione: un viaggio nelle carceri italiane e nei bracci della morte degli Stati Uniti.
Un incontro con Marco Cinque su esperienze e progetti realizzati assieme a detenuti/e e condannati/e a morte.
Ore 19:00 Scrivere senza prigioni: campagna di sensibilizzazione all’invio di lettere ai detenuti/e
La solidarietà è un’arma,
La solidarietà è una prassi.

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Presentazione di Cos’è il Carcere in compagnia dell’autore Salvatore Ricciardi

Giovedì 17 Settembre, dalle ore 20:00
presso la Libreria Sociale Pavlos Fyssas

presentiamo in compagni dell’autore, Salvatore Ricciardi
Cos’è il carcere – vedemecum di resistenza – Ed. Derive Approdi

una iniziativa promossa da
NONSOLO MARANGE – Cassa di Resistenza e Supporto Legale

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Per la stragrande maggioranza delle persone il carcere è un universo sconosciuto. La paura che esso evoca genera un meccanismo di rimozione. E così il carcere si sottrae allo sguardo pubblico e alla critica della sua funzione, supposta, di risocializzazione. Da qui la necessità di provare a spiegare «cos’è il carcere», e di discutere la «possibile utopia» della sua abolizione. Questo tentativo riesce bene a Salvatore Ricciardi, che il carcere ha conosciuto a fondo per averci trascorso un lungo tratto della sua esistenza.

Con una narrazione essenziale, Ricciardi racconta in cosa consiste «la casa del nulla», una delle tante definizioni coniate dai prigionieri per nominare l’inferno che sono costretti ad abitare. Una realtà regolata da una violenza quotidiana dispotica e crudele, dai parametri di una pena affatto «rieducativa». Come in un lucido sogno, Ricciardi si addentra nella vita passata, si ricala nei gironi dell’inferno, ne ripercorre i meandri raccontando i corpi e le menti sofferenti che lo abitano, le loro condizioni materiali di vita, le loro tecniche di resistenza all’annientamento psicofisico che fa registrare centinaia di suicidi e migliaia di atti di autolesionismo all’anno.

Ma quel che in questo viaggio viene man mano collezionato è la ricchezza, la complessità e l’erudizione del lessico dei prigionieri: lo straordinario vocabolario di una lingua elaborata in secoli di lotta e resistenza trasmessa da recluso a recluso. Per resistervi.