Rompere l’isolamento: scriviamo a Giorgio, Moustafà e Lorenzo

Uno degli scopi primari della repressione e dell’istituzione carceraria è quello di isolare i detenuti dalla realtà che li circonda e dagli affetti. Scrivere ai/alle nostri/e compagni/e detenuti/e così come ai tutti/e i/le detenuti/e è un importante atto di solidarietà che spezza l’isolamento che lo stato impone attraverso le mura carcerarie e i dispositivi di controllo. Per spezzare le catene dell’isolamento, manifestazioni, presidi e iniziative politiche di solidarietà sono importanti così come scrivere una lettera per dire loro che non sono soli, attraverso le proprie parole.

— “Nell’ora della rivolta, nessuno resta mai veramente solo”

Giorgio, Moustafà e Lorenzo liberi subito

L’antifascismo non si arresta

scrivete lettere e inviate telegrammi a

Giorgio Battagliola
Moustafà Elshennawi
Lorenzo Canti

Casa circondariale “San Lazzaro”, via delle Novate 65, 29122 Piacenza

Quando scrivete, lasciate nella busta da lettera anche altre buste da lettera, fogli e francobolli in modo da facilitare una risposta e verificate correttamente l’affrancatura alla posta. Le lettere tra i 20 e i 35 grammi costano circa 2.50 euro.
Quando scrivete ricordate che in molti casi la corrispondenza è sottoposta a censura.

di seguito una serie di consigli tratti da https://www.autistici.org/mezzoradaria/scrivere-ai-detenuti/

Perché scrivere a chi è recluso.
Il tempo può essere un castigo quando si viene privati della libertà di disporne a piacimento, quando lo stato rinchiude qualcuno in una cella e lo priva dei suoi rapporti e si prende un pezzo della sua vita.
Può essere una prova molto dura, a maggior ragione quando ad affrontarla si è da soli. Ricevere solidarietà dall’esterno infonde una forza che può fare la differenza. Cominciare uno scambio di lettere può anche alleviare la solitudine della cella e fare sentire ad una persona che non è sola.
Che sia un telegramma, una cartolina o una lettera ogni contatto con l’esterno è una piccola breccia nell’isolamento a cui vorrebbero condannare i reclusi e le recluse. Oltre a queste considerazioni, c’è il fatto che intrattenere una corrispondenza con un recluso è spesso uno spunto di crescita personale e una bella esperienza.

Cosa scrivere.
Può non essere semplice scrivere una lettera a qualcuno che non si conosce, in molti ci troviamo spesso davanti alla difficoltà di scrivere qualcosa che non sia banale o stupido di fronte alla situazione sicuramente grave di chi sta scontando un periodo di reclusione.
Tuttavia non bisogna dimenticare che chi è in carcere è una persona come noi e spesso la cosa più semplice da fare è iniziare presentandosi e spiegando i motivi che ci hanno spinto a scrivere. Se non si ha nulla da scrivere un disegno o un collage può essere comunque un modo per trasmettere ciò che non si riesce a trasmettere a parole, oppure si può inviare un libro, informandosi prima sulle regole che vigono in ogni carcere, ad esempio in alcuni non possono entrare le copertine rigide o i testi sottolineati.
Per permettere alla persona di risponderci è importante indicare il mittente sulla lettera. E’ anche buona norma mettere la data in cui la lettera è stata inviata. E’ un bel pensiero inoltre allegare un francobollo all’interno della busta, dato da specificare nella lettera in modo che nessuno prelevi il bollo senza che ce ne si accorga.
Bisogna poi tenere conto che ciò che si scrive a chi sta in carcere viene con molta probabilità letto anche dalla polizia interna, quindi è meglio di evitare di scrivere qualunque cosa che possa tramutarsi in un problema per se stessi, altri o per la persona a cui si scrive.

Se non riceviamo risposta
A volte può capitare che di non ricevere risposta dalle persone a cui si è scritto. Non prendiamocela. I motivi possono essere tantissimi: da un disguido delle poste alle guardie che trattengono le lettere, può essere anche che il detenuto in questione abbia molte lettere a cui rispondere e che ci vorrà del tempo prima che riesca a rispondere a tutti. I motivi possono essere molti e in ogni caso non c’è motivo di prendersela.

A chi scrivere.
Scrivere a qualcuno dentro è un impegno che può sembrare da poco ma che una volta preso va mantenuto, quindi è meglio non sovraccaricarsi di lettere a cui rispondere se non si ha la certezza di mantenere nel tempo i contatti.

Due attivisti pugliesi incarcerati in Turchia per aver visitato il Kurdistan

Incarcerati in Turchia per aver visitato il Kurdistan. L’incubo di due attivisti italiani accusati di terrorismo e spionaggio dal regime di Erdogan.

«Due cittadini italiani, Pietro Pasculli e Claudio Tamagnini, sono stati arrestati in Turchia il 29 luglio scorso e incarcerati per una settimana con pesantissime accuse di terrorismo e spionaggio internazionale». Uno dei due, Pasculli, è militante di Rifondazione comunista e nella sede nazionale di questo partito s’è tenuta una conferenza stampa.

All’origine dell’arresto l’aver visitato le aree Kurde della Turchia che il governo di Ankara bombarda quotidianamente con l’obiettivo di impedire alle popolazioni Kurde di poter continuare a vivere sui propri territori.

«Siamo stati arrestati dalla polizia turca – ha detto Pietro Pasculli – che ci ha tenuto 4 giorni in isolamento in celle sotterranee con l’unica colpa di essere stati testimoni dei bombardamenti che l’esercito turco compie quotidianamente sui villaggi curdi del sud della Turchia, incendiando villaggi, boschi e raccolti. In seguito agli interessamenti della nostra ambasciata siamo stati processati e assolti dall’accusa di terrorismo e spionaggio internazionale ma dopo la nostra messa in libertà da parte della magistratura, la polizia ci ha nuovamente arrestato e dopo averci rinchiuso in un CIE in cui non erano rispettate le minime condizioni igienico sanitarie – ma su cui campeggiavano le insegne dell’Unione Europea – ci ha espulso in Italia solo dopo il nostro impegno a pagare i costi del viaggio dei nostri carcerieri che dovevano scortarci all’aeroporto di Istanbul. Questo indica che la nostra non è una vicenda individuale ma evidenzia come il governo turco – che ha proclamato lo stato di emergenza nelle aree abitate dai Kurdi fin dal 1987 – voglia reprimere la popolazione Kurda senza che vi sia alcuno che possa testimoniare delle barbarie compiute dall’esercito. Questo è il vero problema politico di cui parla il nostro arresto e la nostra detenzione».

Il segretario di Rifondazione comunista, Paolo Ferrero, ha ringraziato il corpo diplomatico italiano che si è impegnato per la scarcerazione di Pietro e Claudio e ha definito «assurde» le accuse rivolte ai due italiani: «la Turchia – ha detto Ferrero – non vuole che nessuno sia testimone e possa denunciare e documentare i massacri e le distruzioni di cui si rende quotidianamente responsabile il governo turco nei confronti della popolazione curda. I massacri e i bombardamenti che l’esercito Turco attua contro il territorio e la popolazione Kurda nel sud della Turchia non sono cominciati dopo il colpo di stato di Erdogan ma vanno avanti da decenni nella piena condiscendenza da parte dell’occidente. La Turchia fa parte della NATO e sono gli aerei della NATO che bombardano i villaggi di una popolazione inerme senza che il governo italiano, l’Unione Europea o gli Stati Uniti abbiano nulla da dire. Si tratta di una situazione di vergognosa complicità a cui occorre mettere fine immediatamente: l’Italia rompa immediatamente i trattati economici e militari con la Turchia che deve essere boicottata sino a quando Ocalan non sarà rimesso in libertà, sarà posta fine alle azioni di guerra contro i Kurdi, verrà riconosciuto il PKK».

Claudio Tamagnini – attivista della rete italiana International Solidarity Mouvement – ha sottolineato come «la politica dello stato Turco è quella di aggredire militarmente il territorio turco abitato dai Kurdi facendo terra bruciata al fine di obbligare quote consistenti della popolazione a spostarsi in altre zone. Parallelamente il governo Turco insedia nelle aree sottratte ai Kurdi profughi siriani legati all’ISIS, al fine di costituirsi una base sociale di consenso nelle zone Kurde. Ci troviamo quindi di fronte ad azioni militari finalizzate alla distruzione dell’identità e all’integrità del popolo Kurdo».

Articolo tratto da Popoff

Fabio, Rino e Vincenzo liberi subito

Rilanciamo il comunicato delle compagne e dei compagni di Ex-Caserma Liberata

Nelle prime ore di venerdì 3 aprile sono stati messi agli arresti domiciliari 3 antifascisti pugliesi con l’accusa di aver partecipato all’aggressione avvenuta presso la sede di forza nuova di Bari, la notte tra il 18 ed il 19 ottobre scorso.
Ai tre antifascisti sono contestati i reati di lesioni personali aggravate e porto abusivo di oggetti atti ad offendere. ll Tribunale di Bari ha inoltre disposto per i ragazzi il divieto assoluto di comunicare con l’esterno, segno di una volontà nell’infliggere una punizione esemplare.

Fabio, Rino e Vincenzo liberi subito
Dall’inizio degli anni duemila i fascisti di questa città si sono resi responsabili di decine di aggressioni, se non di veri e propri attentati. Basti pensare alla bomba carta esplosa contro l’occupazione dell’Ex-Socrate, all’aggressione nel 2003 ai danni di alcuni militanti della RAF per la quale sono stati condannati noti fascisti, sino agli episodi del 2010 e 2011 per i quali, nonostante testimoni e telecamere, non sono state mai svolte indagini, né mai individuati gli aggressori.
I fascisti di questa città si sono resi responsabili di numerose aggressioni nei confronti di attivisti dell’Ex-Caserma Liberata e semplici frequentatori dello spazio occupato. I fascisti questa città professano l’odio razziale e religioso con i loro banchetti per le vie del centro cittadino, sono liberi di manifestare le loro idee xenofobe e omofobiche per strada e davanti alle scuole, di manifestare con celtiche e svastiche nel silenzio assenso di partiti e con la evidente copertura dei rappresentanti dello stato appartenenti alle forze dell’ordine. L’unico vero reato che ci si para davanti agli occhi è l’apologia di fascismo. L’unica soluzione per porre fine a questo genere di episodi è chiudere le sedi dei fascisti.
Dall’inizio dell’occupazione dell’Ex-caserma rossani e con la nascita dell’Ex-caserma Liberata, il collettivo d’occupazione è stato fatto oggetto di accuse ed attacchi politici pretestuosi e privi di fondamento, il cui unico scopo era mettere in cattiva luce la nostra esperienza di autogestione, che dal basso esercita opposizione sociale e critica politica in una città come Bari, povera non solo dal punto di vista economico, ma anche dal punto di vista sociale e culturale. Con il procedere del nostro impegno nelle iniziative politiche e sociali, in parallelo si sono tessute trame che ci hanno visto di volta in volta associati a qualsiasi evento potenzialmente pericoloso accaduto in città. Dal mese di Ottobre dell’anno scorso stiamo portando avanti un percorso condiviso con l’amministrazione Decaro per continuare a svolgere le attività all’interno della rossani attraverso un comodato d’uso temporaneo. Da quel momento sono iniziati gli strumentali attacchi politici da parte delle destre cittadine, che per biechi motivi elettorali si sono resi sciacalli se non veri e propri complici delle provocazioni fasciste che si sono ripetute nei mesi .
Respingiamo al mittente le richieste di sgombero arrivate da partiti fascisti e xenofobi come forza nuova, fratelli d’italia, alleanza nazionale e forza italia, e ci chiediamo perché non sciolgano i loro stessi partiti, dato che traboccano di indagati e condannati.
Riguardo ciò che hanno scritto i giornali in queste ore non sapremmo da dove cominciare per correggere le inesattezze e l’approssimazione con cui scrivono e danno in pasto le vite di tre ragazzi incensurati all’opinione pubblica, descrivendoli come dei criminali. Siamo vicini ai compagni agli arresti domiciliari e alle loro famiglie e restiamo in attesa che gli avvocati abbiano tra le mani la documentazione che dimostri di cosa sono accusati e quali siano le presunte prove a loro carico.
Fabio, Rino e Vincenzo liberi subito
Si parte e si torna tutti insieme
Collettivo Ex-caserma Liberata