31/08 Presidio sotto le mura del CPR di Bari Palese – Liber* Tutt*

A Bari c’è un lager situato a Bari Palese all’interno di un’area militare, realizzato alla fine degli anni 90 a seguito dell’approvazione della Legge 40 nel 1998. Questo lager oggi si chiama CPR ed è una struttura di detenzione amministrativa riservata esclusivamente ai cittadini stranieri che, pur non avendo commesso alcun reato, sono senza regolare permesso di soggiorno. Dai tempi della “roulottopoli per richiedenti asilo di Bari Palese” [1] [2], all’istituzione del lager in viale Gabriele d’Annunzio sono cambiati i nomi definiti dalle leggi (CRP, CIE, oggi CPR) ma non è cambiata la sostanza di un luogo di detenzione che negli anni è stato distrutto ripetutamente dalle innumerevoli sommosse portate avanti dai reclusi in nome della libertà.


Agli inizi del 2016 il CIE di Bari Palese viene chiuso a seguito di due rivolte che rendono inagibile l’intera struttura, che pochi mesi dopo sarà descritta, dal Tribunale di Bari: “luoghi rimasti saldamente legati in senso negativo alle strutture di costrizione e di sofferenza di esseri umani che vi erano collocati, come Auschwitz, Guantanamo e Alcatraz [3] [4].” Nonostante le ripetute rivolte e le sentenze di condanna, il CPR di Bari ha riaperto nel 2017 a seguito di una pesante ristrutturazione di tipo securitario, che aderisce perfettamente all’idea di “discarica umana” [5] per persone private dei diritti fondamentali in quanto considerate illegali.

A questa condizione si aggiungono le inumane e degradanti condizioni di detenzione confermate dalle testimonianze dirette [6] di chi ha denunciato la presenza di tranquillanti e psicofarmaci nel cibo di per sé scadente quando non avariato, l’inesistenza dei servizi igienici e la presenza dell’acqua corrente solo alcune ore al giorno, l’assenza di cure dovuta alla mancanza di un presidio medico. I CPR sono luoghi nei quali vige l’arbitrio più assoluto anche in considerazione del fatto che tali strutture non sono neanche soggette all’ordinamento penitenziario ed seguito di questo stato di cose anche quest’anno il CPR di Bari è stato oggetto di frequenti rivolte e tentativi di fuga, alcuni andati a buon fine, altri purtroppo no [7] [8].

Negli ultimi anni, con particolare riferimento al DL Minniti/Orlando approvato nel Aprile 2017 e al DL Salvini I, approvato nel Dicembre 2018, migliaia e migliaia di persone hanno perso, o stanno perdendo, il permesso di soggiorno, con il rischio di essere deportate all’interno di un CPR al fine di essere espulse.
Nessun essere umano può essere considerato illegale e per queste ragioni essere detenuto. La chiusura immediata di tutti i CPR e la liberazioni di tutte e tutti i detenuti è un atto imprescindibile per chi crede nella solidarietà e nella libertà.

Per la libertà di tutte e tutti i reclusi, per la chiusura di tutti i CPR
Sabato 31 Agosto, ore 17:00 – Presidio solidale sotto le mura del CPR di Bari – Palese
(Via Gabriele D’annunzio)
Ex-Caserma Liberata
Solidali di terra di Bari

Link Originale

Presidio solidale anticarcerario – 25 Agosto 2017 – Bari

Anche d’estate, soprattutto d’estate, non dimentichiamo chi è stato privato della libertà. I detenuti del carcere di Bari sono rinchiusi in un luogo di violenza, privazione, spersonalizzazione individuale ed affettiva. Il carcere ha ormai perso qualsiasi funzione riabilitativa e di reinserimento nella società. I rapporti sul carcere di Bari di Antigone e Yairaiha Onlus ci descrivono un luogo di detenzione fatiscente e vetusto, sovraffollato, senza luoghi di socialità adeguati, con spazi aperti molto limitati, dove la stragrande maggioranza dei detenuti è in attesa di giudizio.

Il carcere di Bari ha un affollamento del 120%, il 30% dei detenuti è tossicodipendente, il 15% dei detenuti è straniero. Nelle carceri italiane ufficialmente si muore per malattia o suicidio, ma la maggior parte di queste morti sono avvenute per cause non chiare dalla mancata assistenza sanitaria, ai casi di overdose, alle morti violente come quella di Carlo Saturno trovato “suicidato” in una cella di contenimento dopo un litigio con le guardie carcerarie nel Marzo del 2011.

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