Due attivisti pugliesi incarcerati in Turchia per aver visitato il Kurdistan

Incarcerati in Turchia per aver visitato il Kurdistan. L’incubo di due attivisti italiani accusati di terrorismo e spionaggio dal regime di Erdogan.

«Due cittadini italiani, Pietro Pasculli e Claudio Tamagnini, sono stati arrestati in Turchia il 29 luglio scorso e incarcerati per una settimana con pesantissime accuse di terrorismo e spionaggio internazionale». Uno dei due, Pasculli, è militante di Rifondazione comunista e nella sede nazionale di questo partito s’è tenuta una conferenza stampa.

All’origine dell’arresto l’aver visitato le aree Kurde della Turchia che il governo di Ankara bombarda quotidianamente con l’obiettivo di impedire alle popolazioni Kurde di poter continuare a vivere sui propri territori.

«Siamo stati arrestati dalla polizia turca – ha detto Pietro Pasculli – che ci ha tenuto 4 giorni in isolamento in celle sotterranee con l’unica colpa di essere stati testimoni dei bombardamenti che l’esercito turco compie quotidianamente sui villaggi curdi del sud della Turchia, incendiando villaggi, boschi e raccolti. In seguito agli interessamenti della nostra ambasciata siamo stati processati e assolti dall’accusa di terrorismo e spionaggio internazionale ma dopo la nostra messa in libertà da parte della magistratura, la polizia ci ha nuovamente arrestato e dopo averci rinchiuso in un CIE in cui non erano rispettate le minime condizioni igienico sanitarie – ma su cui campeggiavano le insegne dell’Unione Europea – ci ha espulso in Italia solo dopo il nostro impegno a pagare i costi del viaggio dei nostri carcerieri che dovevano scortarci all’aeroporto di Istanbul. Questo indica che la nostra non è una vicenda individuale ma evidenzia come il governo turco – che ha proclamato lo stato di emergenza nelle aree abitate dai Kurdi fin dal 1987 – voglia reprimere la popolazione Kurda senza che vi sia alcuno che possa testimoniare delle barbarie compiute dall’esercito. Questo è il vero problema politico di cui parla il nostro arresto e la nostra detenzione».

Il segretario di Rifondazione comunista, Paolo Ferrero, ha ringraziato il corpo diplomatico italiano che si è impegnato per la scarcerazione di Pietro e Claudio e ha definito «assurde» le accuse rivolte ai due italiani: «la Turchia – ha detto Ferrero – non vuole che nessuno sia testimone e possa denunciare e documentare i massacri e le distruzioni di cui si rende quotidianamente responsabile il governo turco nei confronti della popolazione curda. I massacri e i bombardamenti che l’esercito Turco attua contro il territorio e la popolazione Kurda nel sud della Turchia non sono cominciati dopo il colpo di stato di Erdogan ma vanno avanti da decenni nella piena condiscendenza da parte dell’occidente. La Turchia fa parte della NATO e sono gli aerei della NATO che bombardano i villaggi di una popolazione inerme senza che il governo italiano, l’Unione Europea o gli Stati Uniti abbiano nulla da dire. Si tratta di una situazione di vergognosa complicità a cui occorre mettere fine immediatamente: l’Italia rompa immediatamente i trattati economici e militari con la Turchia che deve essere boicottata sino a quando Ocalan non sarà rimesso in libertà, sarà posta fine alle azioni di guerra contro i Kurdi, verrà riconosciuto il PKK».

Claudio Tamagnini – attivista della rete italiana International Solidarity Mouvement – ha sottolineato come «la politica dello stato Turco è quella di aggredire militarmente il territorio turco abitato dai Kurdi facendo terra bruciata al fine di obbligare quote consistenti della popolazione a spostarsi in altre zone. Parallelamente il governo Turco insedia nelle aree sottratte ai Kurdi profughi siriani legati all’ISIS, al fine di costituirsi una base sociale di consenso nelle zone Kurde. Ci troviamo quindi di fronte ad azioni militari finalizzate alla distruzione dell’identità e all’integrità del popolo Kurdo».

Articolo tratto da Popoff