Solidarietà al compagno Bobo Aprile sotto processo per aver dato corpo e voce alla lotta

Ancora una volta la procura barese sceglie di investire il proprio tempo e le proprie risorse per dare seguito alle denunce della polizia di stato nei confronti di un compagno, un sindacalista e uomo sempre disponibile a dar voce agli ultimi. Denunce che hanno l’unico scopo di vessare ulteriormente chi ha ancora voglia di battersi per la causa collettiva, in questo caso quella palestinese, per la quale siamo stati ancora in presidio lo scorso 17 dicembre, per ribadire che Gerusalemme è capitale della Palestina. Per futili motivi, se non quelli appunto di infierire su uno dei compagni più attivi e determinati della Puglia, il prossimo 8 gennaio Bobo sarà ancora una volta a processo al tribunale di Bari. Siamo con lui e con tutti e tutte coloro che sono vittima di abusi di polizia, denunce, vessazioni a causa del proprio impegno politico e sociale.

Il sindacalista dei Cobas Bobo Aprile a processo per aver ostacolato il lavoro delle forze dell’ordine
Il sindacalista dei Cobas Bobo Aprile sarà processato a Bari l’8 Gennaio 2018 per una manifestazione a sostegno della Palestina, svoltasi il 22 luglio 2014 a Bari, davanti alla sede della Regione Puglia. L’accusa è quella di aver ostacolato il lavoro degli uomini della Polizia, in particolare di un operatore che riprendeva da lontano ed in atteggiamenti sospetti lo svolgimento del sit-in.

Erano i giorni dello sdegno internazionale provocato dai criminali bombardamenti di Israele su Gaza che provocarono migliaia di morti civili, bruciati letteralmente vivi da sostanze proibite nelle guerre. Molti cittadini pugliesi avevano risposto a questi tragici avvenimenti con una grande manifestazione regionale il 19 Luglio 2014 per le strade di Bari. Alla fine di questa giornata si fissò, appunto per il 22 dello stesso mese, il sit-in davanti alla sede della Regione Puglia per chiedere al Consiglio Regionale che si riuniva quel giorno l’approvazione di un ordine del giorno di condanna degli avvenimenti di Gaza. Una delegazione dei manifestanti entrò nel Consiglio Regionale per seguire da vicino i lavori e all’esterno su via Capruzzi si diede vita ad un caloroso sit-in. L’ordine del giorno proposto dai manifestanti venne cambiato in più punti e approvato dal Consiglio Regionale, Istituzione che aveva vissuto momenti migliori di solidarietà nei confronti dei palestinesi. Erano i tempi dell’ancora oggi compianto vicepresidente del Consiglio Regionale tra gli anni ‘80 e ‘90, Nicola Occhiofino.

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Io Sto Con i 21 – Comunicato sulla sentenza del processo Italcave – Taranto

Il 10 Febbraio 2017 è stato pubblicato il dispositivo di sentenza del processo che vedeva coinvolti 21 cittadini di Taranto per aver bloccato l’ingresso di numerosi camion nella discarica Italcave durante l’emergenza rifiuti in Campania. Poche decine di cittadini coscienziosi resero evidente ciò che stava avvenendo alle spalle della popolazione. Se così non fosse stato il tutto si sarebbe chiuso con un’ennesima prevaricazione di Stato. Grazie al presidio, i manifestanti riuscirono a comunicare ciò che stava avvenendo, non avendo la forza fisica e materiale
per interrompere quella putrido traffico. Secondo la sentenza “il fatto non sussiste”.

Ma di quale fatto si parla? Quello di aver sostenuto, fuori da quei cancelli, che si stava perpetuando un’altra violenza verso la città di Taranto a vantaggio di un’imprenditoria assassina avallata dal sistema dirigenziale del paese Italia. Quei rifiuti erano di Stato e, fin dall’inizio di questa lotta, fu detto ad alta voce. Intorno a quell’evento si creò una partecipazione attiva e riflessiva che, scavalcando ruoli prestabiliti, ha potuto realizzare, per esempio, indagini sul materiale che fuoriusciva dai camion. E allora ci chiediamo: chi dovrebbe tutelare la salute dei cittadini? Crediamo fortemente che ci sia da una parte, un disinteresse scientifico degli enti preposti nell’occuparsi del bene pubblico (i fatti lo dimostrano) e, dall’altra, un vero e proprio contro altare, una parte di cittadinanza vivacemente interessata ad autotutelarsi. Gli organi addetti al controllo non solo non hanno vigilato sugli eventi ma, non vedendo di buon occhio questa partecipazione attiva,
hanno criminalizzato le ragioni di un dissenso più che giustificato per la salvaguardia dell’intera comunità. Quelle ragioni e quel dissenso dovrebbero essere le motivazioni di riscatto di tutti e di tutte, perché la devastazione compiuta e in corso ad un territorio martoriato come quello tarantino rappresenta un’enorme violenza subita da tutti noi.

Ancora oggi la prassi non cambia: è del luglio 2016 la notizia che rendeva pubblico l’accordo tra Aro Foggia e Aro Taranto che, con il benestare della Regione Puglia, certifica il conferimento di rifiuti solidi urbani di altri nove comuni dauni negli impianti tarantini.
L’interpretazione collettiva dei bisogni comuni può trasformarsi in una reale visione di
cambiamento sol o se questa collettività impara a lottare in strada, inseguendo i propri sogni di riscatto, rompendo i ricatti quotidiani che l’annientano e abbattendo le logiche della delega che l’avviliscono. Non si può processare una giusta lotta! Questo è stato lo spirito che ha contraddistinto la difesa a questo attacco subito. Ci auspichiamo che questa esperienza diventi da esempio per un futuro diverso considerando che, ancora oggi, Taranto si fa carico di emergenze extraterritoriali, una prassi quest’ultima che deve
necessariamente avviare una riflessione circa la scellerata gestione generale del ciclo
dei rifiuti.

Un’unica ragione vale ed è quella della “non-compromissione” con questo sistema che pri
ma ci inquina e poi ci processa, e che, soprattutto, cerca di dissolvere questa visione libera attraverso la parassitaria ricerca di un “leader utile” per il nostro futuro che, in fondo, tanto utile per tutti non è. UNITI SI VINCE!”

Comitati di Quartiere Città Vecchia e Paolo VI Taranto

Villa Roth non si processa

Rilanciamo il comunicato delle compagne e dei compagni dell’esperienza abitativa di Villa Roth sotto processo

villa-roth

Sono passati quasi tre anni dalla mattina in cui l’esperienza abitativa, sociale e politica di Villa Roth è stata interrotta bruscamente dal suo sequestro. La conseguenza di un’azione legale intrapresa dalla Provincia di Bari che, appena prima di essere inglobata nella Città metropolitana, ha lasciato come ultimo gesto amministrativo lo sgombero di un’esperienza che senza dubbio aveva contribuito a migliorare non solo la vita dei precari, dei migranti, degli studenti, dei senza fissa dimora che vivevano lì, ma di tutti coloro che avevano trovato in quei luogo uno spazio comune, uno spazio di condivisione reale, una nuova famiglia.

Oggi 16 persone si trovano ad essere processate per aver preso parte a quei percorsi. Non vogliamo entrare in questa sede nel merito delle indagini e di quanto poco credibile possa essere una lista di imputati fatta un po’ a caso e che coinvolge persone che tutt’ora sono senza fissa dimora e cercano sostegno nelle strutture comunali. Siamo sempre stati consapevoli che non sarebbero state certo la questura o il tribunale i luoghi in cui l’esperienza sociale e politica di Villa Roth sarebbe stata compresa. Al contrario siamo consapevoli che il nostro vero reato non è quello per cui 16 persone sono imputate, quanto quello di aver fatto di necessità abitative e desideri una questione politica, che ha portato a produrre migliaia di pagine di indagini e a un processo che valesse come esempio puntivo per chi osasse ancora fare della propria povertà una questione politica.

Tuttavia in questa storia non manca anche dell’assurdo: cerchiamo di ripercorrerne velocemente i passi.
La Provincia di Bari, dopo aver lasciato 20 anni Villa Roth in abbandono, si rende conto che non poteva più impegnarsi nell’ottima gestione dimostrata fino a quel punto, a causa degli “abusivi” che l’hanno ristrutturata, abitata e aperta alla città: quindi li denunciano e aspettano che la giustizia faccia il suo corso.
La Provincia infatti con grande spirito di iniziativa si era decisa nel 2001 a farla diventare “Museo della Moda e del Tessuto Antico”, un progetto architettonico in grande stile che prevedeva un enorme piramide di vetro e acciaio applicata sul terrazzo, diciamo una specie di Louvre di San Pasquale. Il progetto, inspiegabilmente, è rimasto sulla carta e Villa Roth fra i rifiuti per ancora molti anni.

Il 15 Gennaio 2014, guardacaso il giorno dopo lo sgombero, la Provincia tira fuori dal cilindro un bando che “affidi l’immobile a chiunque, per fini di interesse sociale, possa essere nelle condizioni di renderlo agibile e utilizzarlo”. Come se questo non fosse già stato fatto dagli occupanti che l’avevano restituita alla città. Del resto, in due anni di attività sociali e culturali aperte e riconosciute dalla città nessuna amministrazione, provinciale o comunale che fosse, aveva mostrato alcun interesse né per la villa in sé né per l’esperienza che all’interno di quella struttura si stava producendo. Fiumi di parole e d’inchiostro si sono versati all’indomani di uno sgombero che preludeva una campagna elettorale da cui ci siamo tenuti felicemente alla larga. Il bando era ovviamente finto, con buona pace di chi pensava di ricavarci qualcosa, e si è sciolto insieme alla Provincia di Bari, trasformatasi in Città Metropolitana. Il suo ultimo gesto amministrativo è stato quello di murare col cemento porte e finestre della Villa. Nessuno ne sentirà la mancanza.

La storia continua. La Villa sarebbe rimasta vuota ancora a lungo, se nel frattempo il Comune di Bari non si fosse trovato con un’altra gatta da pelare. A causa della denuncia di Cecilia Strada, in Corso Vittorio Emanuele non si riesce più a continuare a ignorare le condizioni disumane in cui vivevano da oltre un anno i migranti accampati nella tendopoli dell’Ex Set. Quindi si decide di buttare giù i muri eretti dalla Provincia per ospitare nelle stanze della Villa almeno le famiglie con bambini e le persone con problemi di salute che si trovavano nell’Ex Set. E invece, sorpresa! La Villa non è vuota: dentro ci vivono dei senza fissa dimora privi di migliori alternative. Il Comune non affronta la faccenda e dentro la Villa viene costruito un muro che separi la zona dei “bianchi” da quella dei “neri”. Inutile dire quanto sia triste questa storia. Quanto sia ridicolo il fatto che il Comune di Bari abbia destinato la Villa per lo stesso scopo abitativo per cui oggi 16 persone vengono processate. Quanto sia vergognoso che nelle mani del “pubblico” la Villa sia destinata agli stessi scopi, ma totalmente priva di una gestione che si occupi dell’integrazione di queste persone e del miglioramento sociale e politico delle loro vite.

11 ottobre 2016. Affronteremo questo processo a testa alta, forti di un’esperienza che per due anni non solo si è preso cura di uno spazio, ma l’ha aperto alla città rendendolo un centro culturale e sociale riconosciuto, amato, attraversato. Un progetto culturale che ha ricevuto il sostegno di firme importanti che andavano dall’ex rettore Petrocelli a personaggi della cultura e dello spettacolo di fama nazionale, come Elio Germano e Franco “Bifo” Berardi, ma anche di migliaia di cittadine e cittadini comuni.
Quello che vi chiediamo è di essere con noi il pomeriggio di sabato 1° ottobre, come gesto complice e solidale, per condividere i nostri pensieri e percorsi futuri. Perché si parte e si torna insieme.