Non mi uccise la morte – Il Caso Cucchi

Sabato 5 novembre Nonsolo Marange e Osservatorio sulla Repressione vi invitano a partecipare ad un incontro / dibattito per mantenere viva l’attenzione sul caso Cucchi.
con:
Ilaria Cucchi – sorella di Stefano
Fabio Anselmo – avvocato della famiglia Cucchi e Aldovrandi
Italo di Sabato – Osservatorio sulla Repressione
Gennaro Tosto – Nonsolo Marange

A partire dalle ore 18 presso l’Ex-Caserma Liberata ripercorreremo la vicenda giudiziaria Cucchi.
Un’odissea giudiziaria che va avanti da oltre sette anni: fra reticenze, sentenze contraddittorie, perizie e controperizie sul corpo di Stefano la famiglia Cucchi continua la sua battaglia con l’obiettivo di fare luce intorno alle cause che hanno portato alla morte di Stefano e individuare finalmente i responsabili.

Discuteremo di repressione per le strade e di tortura nelle carceri, dei dispositivi legislativi che sono arma contro chiunque osi mettersi contro lo stato per affermare bisogni e diritti. Per non dimenticare i volti di quei ragazzi morti mentre erano nelle mani dello stato, il cono d’ombra in cui sono state avvolte le morti di Stefano, Carlo, Federico, Aldo, Michele, Carmine, Giuseppe, Riccardo, Dino, Francesco, Massimiliano, Abderramhan, Vincenzo, Vittorio, Vito, Ettore, Dario, David …..

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Da quel 22 ottobre del 2009 quando Stefano Cucchi fu dichiarato morto presso all’ospedale Pertini di Roma ad oggi sono passati sette anni. Un primo processo ha visto in 3 gradi di giudizio prima assolvere, quindi condannare e in ultimo grado assolvere nuovamente i 5 medici che hanno avuto in cura Stefano Cucchi nell’ospedale Pertini di Roma perché non è possibile dimostrare nella pratica se il loro comportamento abbia potuto influire sulla morte di Stefano. Nel 2015 nasce una inchiesta bis che porta all’iscrizione nel registro degli indagati i carabinieri Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro, Francesco Tedesco (tutti per lesioni personali aggravate e abuso d’autorità), Vincenzo Nicolardi e Roberto Mandolini (per falsa testimonianza, e il solo Nicolardi anche di false informazioni al pm) e nel dicembre dello stesso anno la Procura di Roma chiede, nell’ambito dell’incidente probatorio davanti al gip, una nuova perizia sul pestaggio subito da Cucchi. Il 4 ottobre del 2016 i periti nominati dal gip consegnano un perizia di 250 nella quale da un lato riconoscono per la prima volta “la recente frattura traumatica di S4 associata a lesione delle radici posteriori del nervo sacrale” ma dall’altro si avventurano in labirinto di ipotesi affermate e negate insieme, di contorte ricostruzioni che portano alla morte “di epilessia” anche se l’ipotesi stessa è «priva di riscontri oggettivi».

E il 15 ottobre del 2009, giovedì ore 21:00, Stefano Cucchi saluta i genitori e esce dalla casa in cui è cresciuto in via Ciro D’Urbino, a Roma: ha appuntamento col suo amico Emanuele. Il progetto è di far fare una passeggiata a Dafne, il cane setter che ha preso al canile e a cui è affezionatissimo. Alle 22:30 Stefano e Emanuele fermano le auto davanti alla chiesa di San Policarpo, ma non fanno neanche in tempo a scendere che due carabinieri in divisa bussano sul finestrino delle rispettive macchine. “Documenti”. Da quel momento la vita di Stefano entra in un cono d’ombra di stato per uscirne solo cadavere 8 giorni dopo. Stefano viene recluso, pestato selvaggiamente, torturato e quindi abbandonato nel sistema carcerario tra burocrazia e medici reticenti, gli viene negata la possibilità di incontrare un legale di fiducia e la possibilità di incontrare i propri genitori che per giorni hanno disperatamente cercato di vederlo.
I genitori di Carlo vedranno il loro figlio morto con in dosso gli stessi vestiti che aveva quando era stato arrestato e quello che i loro occhi hanno dovuto vedere sono, per noi, immagini che conosciamo bene grazie al coraggio della sorella di Stefano, Ilaria Cucchi che supportata dall’avvocato Fabio Anselmo ha deciso tempo addietro di pubblicare le foto di Stefano in obitorio.

Se il carcere è il luogo della disumanizzazione, della spersonalizzazione individuale e affettiva, della violenza e della privazione, la vicenda giudiziaria che Ilaria Cucchi e la famiglia hanno dovuto affrontare è stato un girone infernale fatto di negazione sistematica, aggressione e sciacallaggio mediatico atto a negare le responsabilità degli uomini dello stato nella morte di Stefano.

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