Domenica 10 Dicembre, dalle ore 11:00
Presidio sotto le mura del carcere di Bari in solidarietà ai detenuti ergastolani in sciopero della fame
IL 10 DICEMBRE NON LASCIAMOLI SOLI.
PRESIDI DI SOLIDARIETÀ PER L’ABOLIZIONE DELL’ERGASTOLO.
Domenica 10 dicembre, per l’anniversario della dichiarazione universale dei diritti umani, migliaia di detenuti e tutti gli uomini ombra, digiuneranno per affinché l’ergastolo, la pena di morte in vita, possa essere cancellato per sempre dal nostro ordinamento. Una barbarie giuridica e soprattutto una vergogna umana. Assieme agli ergastolani digiuneranno familiari, intellettuali, artisti, attivisti, semplici cittadini per dare voce e dignità ad una lotta che da troppi anni viene strumentalizzata dalla politica per alimentare la fabbrica penale nell’indifferenza di buona parte della società che, ancora oggi, è convinta che l’ergastolo equivale a 25 anni di carcere. L’ergastolo è la condanna più crudele che la mente umana possa aver concepito, più crudele dei delitti stessi che prevedono questa condanna. Una condanna senza tempo che rende vano qualsiasi tentativo di cambiamento o di rielaborazione critica della propria vita, dei propri crimini, delle ferite aperte in una società che non si ferma a riflettere sulle devastazioni sociali, prima ancora che ambientali, che sono state perpetrate al sud. Territori dove la presenza dello stato si manifesta in divisa o con amministratori abbuffini che continuano a ricattare la gente e a speculare sui bisogni, creando miseria economica ed umana. Ed proprio qua che le c.d. criminalità organizzate trovano terreno fertile. Alla retorica securitaria bipartisan fa da contraltare un’antimafia di facciata che ha costruito l’ennesimo carrozzone che recita da oltre 25 sempre lo stesso copione funzionale alla gestione della paura e delle politiche penali. Le poche voci libere, che si “sporcano le mani” realmente (dentro e fuori le carceri) cercando di costruire alternative concrete, non hanno spazio. Quasi fosse un disegno preordinato, un circolo vizioso dove si rincorrono fatti e luoghi, dove si bruciano vite da vittime o da carnefici. Assassino o vittima del proprio fratello di strada. Fratelli di sangue che dovrebbero lottare assieme alla propria gente per un riscatto reale del sud. Lottare assieme per la giustizia sociale, sottraendosi aprioristicamente ai meccanismi perversi di un potere malato che porta morte e galere per la gente del sud.
Domenica all’esterno dei penitenziari di Cosenza, Bari e Napoli si terranno dei presidi di solidarietà per rendere visibile lo sciopero della fame dei detenuti, per dare voce alle ragioni di questa lotta. A Cosenza l’appuntamento è per le 12 di domenica sotto il carcere di via Popilia, a Bari alle 11 e a Napoli dalle 10 sotto il carcere di Secondigliano.
Cosenza contro il Carcere,
Non Solo Marange – Collettivo di mutuo soccorso Bari,
Mutuo soccorso Napoli.
<<I rivoluzionari non hanno avuto paura di rimettere in circolazione uomini che la giustizia borghese ha bollato col marchio infame di pregiudicati, che la scienza borghese ha catalogato nei vari tipi di criminali delinquenti.>> A. Gramsci
Nei governi degli ultimi 20 anni la repressione penale e il carcere hanno assunto un ruolo centrale -prima ancora che della stessa lotta ai fenomeni criminali che necessiterebbe di strumenti ben più efficaci di prevenzione- per la gestione, il controllo e la stessa creazione delle paure sociali variamente indotte e declinate attraverso l’esaltazione mediatica di singoli episodi particolarmente violenti che favoriscono la percezione di una permanente “emergenza sicurezza” attraverso cui garantirsi la gestione e il controllo del potere tout court.
Populismo penale e stato d’eccezione permanente sono i paradigmi entro i quali i governi promuovono le politiche securitarie attraverso cui contenere le “pericolosità sociali”. Quest’ultima risulta essere una categoria ambigua, indefinita ed eminentemente politica, un marchio stigmatizzante che autorizza la repressione al fine di disciplinare e controllare chiunque, libero o detenuto che sia, sulla base del nulla, arrivando alla brutale sospensione e limitazione delle libertà individuali attraverso l’applicazione delle misure di prevenzione per le persone libere o del 14 bis/41 bis per i detenuti.
Un’ideologia securitaria che estende sempre più il confine della carcerazione trasformando le nostre stesse città in carceri a cielo aperto, sacrificando sull’altare del giustizialismo lo stato di diritto. Un’ideologia diffusa ed egemone che dobbiamo affrontare attraverso la decostruzione dell’armamentario emergenziale e giustizialista che tanto ha contribuito a far crescere tra la gente la richiesta di pene esemplari, per qualsiasi condotta fuori dagli schemi tracciati dalla “decorosa normalità” delle classi dominanti.
I destinatari dei processi di criminalizzazione e carcerazione appartengono a specifiche categorie sociali (ceti popolari-migranti-attivisti) e prevalentemente provenienti da aree geografiche specifiche (meridione-sud del mondo). Tra le 57.994 persone detenute, 19.915 sono migranti mentre oltre il 90% dei 38.000 italiani provengono dalle regioni del Sud Italia a confermare il carattere profondamente classista e razzista dell’istituzione carceraria e del sistema repressivo. I dati numerici della popolazione carceraria preannunciano una nuova fase di emergenza carceri e possiamo scommettere fin da subito che, svanite le aspettative di (finta) riforma dell’ordinamento penitenziario con un governo ormai agli sgoccioli, questa sarà cavallo di battaglia bipartisan per le prossime elezioni politiche con la promessa ovviamente della costruzione di nuove carceri, l’introduzione di nuovi reati e il raddoppio delle pene esistenti. Questi sono i temi che portano voti e consenso in una società preda alla paura e all’insicurezza, in cui si lavora costantemente per la guerra tra gli ultimi.
In questo quadro politico è sempre più urgente rimettere al centro i temi del garantismo e del diritto, dell’amnistia, dell’abrogazione del codice Rocco e di tutte le leggi liberticide e classiste sino ad oggi varate, dell’abolizione del 41bis e dell’ergastolo in quanto massime espressioni dello stato penale che torturano e uccidono giorno dopo giorno.
Negli ultimi anni, tra mille limiti, nonostante i circuiti differenziati impongano il divieto di comunicazione tra le diverse sezioni di Alta Sicurezza, la popolazione detenuta si è organizzata per far emergere i meccanismi perversi che li costringono ad essere marchiati a vita come “socialmente pericolosi” senza che abbiano alcuna possibilità di cambiamento o di uscita da questi gironi infernali, perché abbandonati a se stessi, con condanne lunghe ed ergastoli che l’ostatività del 4 bis trasforma in pena di morte quotidiana in barba al valore rieducativo della pena sancito nella nostra costituzione. Il prossimo 10 dicembre migliaia di uomini ombra e di detenuti “temporanei” in diverse carceri italiane aderiranno alla giornata di digiuno e mobilitazione per l’abolizione dell’ergastolo lanciata da Carmelo Musumeci assieme a diverse associazioni, in occasione dell’anniversario della dichiarazione universale dei diritti umani. È una data che dobbiamo sostenere tutti per rafforzare la lotta e amplificare la voce dei detenuti oltrepassando il silenzio mediatico cui saranno sottoposti, attraverso una rete di solidarietà esterna che si faccia carico di organizzare in contemporanea qualsiasi forma di mobilitazione.
<<Ci si solleva, questo è un fatto; è in questo modo che la soggettività (non quella dei grandi uomini, ma quella di chiunque) si introduce nella storia e le trasmette il suo soffio vitale>> M. Foucault