Venerdi 14 Settembre, ore 20:00
presso il Cineteatro Mimì Milano dell’Ex-Caserma Liberata
proiettiamo il film di Alessio Cremonini
SULLA MIA PELLE
gli ultimi sette giorni di Stefano Cucchi
ingresso libero
Sabato 5 novembre Nonsolo Marange e Osservatorio sulla Repressione vi invitano a partecipare ad un incontro / dibattito per mantenere viva l’attenzione sul caso Cucchi.
con:
Ilaria Cucchi – sorella di Stefano
Fabio Anselmo – avvocato della famiglia Cucchi e Aldovrandi
Italo di Sabato – Osservatorio sulla Repressione
Gennaro Tosto – Nonsolo Marange
A partire dalle ore 18 presso l’Ex-Caserma Liberata ripercorreremo la vicenda giudiziaria Cucchi.
Un’odissea giudiziaria che va avanti da oltre sette anni: fra reticenze, sentenze contraddittorie, perizie e controperizie sul corpo di Stefano la famiglia Cucchi continua la sua battaglia con l’obiettivo di fare luce intorno alle cause che hanno portato alla morte di Stefano e individuare finalmente i responsabili.
Discuteremo di repressione per le strade e di tortura nelle carceri, dei dispositivi legislativi che sono arma contro chiunque osi mettersi contro lo stato per affermare bisogni e diritti. Per non dimenticare i volti di quei ragazzi morti mentre erano nelle mani dello stato, il cono d’ombra in cui sono state avvolte le morti di Stefano, Carlo, Federico, Aldo, Michele, Carmine, Giuseppe, Riccardo, Dino, Francesco, Massimiliano, Abderramhan, Vincenzo, Vittorio, Vito, Ettore, Dario, David …..
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Da quel 22 ottobre del 2009 quando Stefano Cucchi fu dichiarato morto presso all’ospedale Pertini di Roma ad oggi sono passati sette anni. Un primo processo ha visto in 3 gradi di giudizio prima assolvere, quindi condannare e in ultimo grado assolvere nuovamente i 5 medici che hanno avuto in cura Stefano Cucchi nell’ospedale Pertini di Roma perché non è possibile dimostrare nella pratica se il loro comportamento abbia potuto influire sulla morte di Stefano. Nel 2015 nasce una inchiesta bis che porta all’iscrizione nel registro degli indagati i carabinieri Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro, Francesco Tedesco (tutti per lesioni personali aggravate e abuso d’autorità), Vincenzo Nicolardi e Roberto Mandolini (per falsa testimonianza, e il solo Nicolardi anche di false informazioni al pm) e nel dicembre dello stesso anno la Procura di Roma chiede, nell’ambito dell’incidente probatorio davanti al gip, una nuova perizia sul pestaggio subito da Cucchi. Il 4 ottobre del 2016 i periti nominati dal gip consegnano un perizia di 250 nella quale da un lato riconoscono per la prima volta “la recente frattura traumatica di S4 associata a lesione delle radici posteriori del nervo sacrale” ma dall’altro si avventurano in labirinto di ipotesi affermate e negate insieme, di contorte ricostruzioni che portano alla morte “di epilessia” anche se l’ipotesi stessa è «priva di riscontri oggettivi».
E il 15 ottobre del 2009, giovedì ore 21:00, Stefano Cucchi saluta i genitori e esce dalla casa in cui è cresciuto in via Ciro D’Urbino, a Roma: ha appuntamento col suo amico Emanuele. Il progetto è di far fare una passeggiata a Dafne, il cane setter che ha preso al canile e a cui è affezionatissimo. Alle 22:30 Stefano e Emanuele fermano le auto davanti alla chiesa di San Policarpo, ma non fanno neanche in tempo a scendere che due carabinieri in divisa bussano sul finestrino delle rispettive macchine. “Documenti”. Da quel momento la vita di Stefano entra in un cono d’ombra di stato per uscirne solo cadavere 8 giorni dopo. Stefano viene recluso, pestato selvaggiamente, torturato e quindi abbandonato nel sistema carcerario tra burocrazia e medici reticenti, gli viene negata la possibilità di incontrare un legale di fiducia e la possibilità di incontrare i propri genitori che per giorni hanno disperatamente cercato di vederlo.
I genitori di Carlo vedranno il loro figlio morto con in dosso gli stessi vestiti che aveva quando era stato arrestato e quello che i loro occhi hanno dovuto vedere sono, per noi, immagini che conosciamo bene grazie al coraggio della sorella di Stefano, Ilaria Cucchi che supportata dall’avvocato Fabio Anselmo ha deciso tempo addietro di pubblicare le foto di Stefano in obitorio.
Se il carcere è il luogo della disumanizzazione, della spersonalizzazione individuale e affettiva, della violenza e della privazione, la vicenda giudiziaria che Ilaria Cucchi e la famiglia hanno dovuto affrontare è stato un girone infernale fatto di negazione sistematica, aggressione e sciacallaggio mediatico atto a negare le responsabilità degli uomini dello stato nella morte di Stefano.
Stefano Cucchi fu dichiarato morto all’ospedale Pertini di Roma il 22 ottobre del 2009 come evidente conseguenza delle percosse e delle torture che subì durante la sua breve detenzione. Il primo processo Cucchi si è concluso nel 2014 con una sentenza di cassazione che ha dichiarato il parziale annullamento della sentenza di appello, che assolveva i medici imputati, e ha ordinato un nuovo processo per 5 dei 6 medici coinvolti.
Nel 2015, su espressa richiesta dei familiari, è stata aperta dalla Procura della Repubblica di Roma, una seconda inchiesta che vede “già iscritti o di imminente iscrizione nel registro degli indagati 2 militari dell’arma dei carabinieri per falsa testimonianza e altri 3 carabinieri per lesioni”.
Il giorno 24 Marzo, a Bari, presso il Policlinico avrà inizio l’incidente probatorio di questa seconda inchiesta, per “accertare la natura, l’entità e l’effettiva portata delle lesioni patite da Stefano Cucchi”
Lo Stato ha indicato due nomi per le perizie mediche sul corpo di Stefano per questi due processi:
La prima affidata a Cristina Cattaneo. Nel 2013 il risultato della perizia a lei affidata, indico la morte di Stefano come conseguenza della “sindrome da inanizione”, ossia una mancanza (o grande carenza) di alimenti e liquidi; La sua perizia non ha resistito ai successivi gradi di giudizio ed è stata confutata di recente, di fronte al pm della seconda inchiesta Giovanni Musarò, dalla testimonianza del perito radiologo Carlo Masciocchi, “perché non avrebbe individuato la frattura di una porzione della vertebra interessata dal pestaggio inflitto a Cucchi dopo l’arresto come possibile causa di morte”.
La seconda perizia, nel dicembre del 2015 viene affidata a Francesco Introna in qualità di capo del collegio dei periti che dovranno appunto, “accertare”.
Il problema è che Francesco Introna, medico legale dell’Università di Bari è un uomo di destra, nato politicamente in Alleanza Nazionale, sotto l’ala protettrice di Pinuccio Tatarella e oggi collocato con i “Fratelli d’Italia” di Ignazio La Russa, che più volte si è lasciato andare a pesanti dichiarazioni sulla morte di Stefano, escludendo a gran voce le responsabilità del corpo dell’arma dei carabinieri in questa vicenda.
Francesco Introna è stato iscritto alla Massoneria per sua stessa ammissione e soprattutto è legato da sintonia professionale con Cristina Cattaneo, anch’essa medico legale e autrice della prima perizia sul corpo di Stefano.
Nel dicembre del 2015 la famiglia Cucchi ha presentato un esposto contro la nomina di Francesco Introna che è stato respinto alla fine dello scorso gennaio. In una recente intervista, in vista dell’incidente probatorio di Bari, Ilaria Cucchi ha dichiarato la sua forte preoccupazione per il rischio che neanche in questa inchiesta giudiziaria si possa ottenere giustizia per Stefano vista l’importanza che assumono le perizie durante il percorso processuale.
Stefano non è morto per malnutrizione, Stefano è morto per tortura di stato. Chiediamo una perizia che stabilisca
VERITA’ E GIUSTIZIA PER STEFANO CUCCHI
NO AL PERITO FASCISTA E MASSONE
Giovedì 24 Marzo, dalle ore 10:00 Presidio presso l’ingresso principale del Policlinico di Bari
Martedì 22 Marzo, ore 21:00
presso il Gramignarci di Bari e in contemporanea all’Exit di Barletta una iniziativa di controinformazione e denuncia
— VERITA’ E GIUSTIZIA PER STEFANO CUCCHI –