Le giornate del G8 di Genova 2001, la memoria di un compagno

Le giornate del G8 di Genova del 2001 le ricorderemo per sempre come tra le più buie della storia di questo Paese. A Genova l’apparato repressivo dello stato si è mostrato in tutta la sua infame crudeltà, reprimendo un Movimento che faceva paura perché evidentemente aveva ragione. A Genova si è consumata quella che poi Amnesty Intenational ha poi definito “La più grave sospensione dei diritti democratici in un Paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale”. Ed anche senza questa triste quanto vera definizione, per noi, la situazione è stata chiara fin da subito. Il corteo del 20 luglio, attaccato ben prima della “zona rossa” dai cani da guardia dello stato, rabbiosi, forse dopati. Manovre a tenaglia, per isolare pezzi di corteo e procedere alla mattanza. Teste fracassate, sangue in diretta tv, lacrimogeni al CS, classificati armi da guerra di terza categoria, ossia “armi chimiche” ma regolarmente utilizzati nella gestione dell’ordine pubblico in Italia. Protagonisti indiscussi dei momenti di piazza più tesi da quel maledetto G8 ai giorni nostri, da Genova alla Val di Susa. Per noi non hanno mai avuto molta rilevanza le distinzioni tra violenti e non. Sono etichette generalmente affibbiate da chi nella piazza sostanzialmente, il più delle volte non c’è stato. Ma molte riflessioni scaturiscono dalla volontà di attaccare un corteo di gente inerme. Per ribadire, casomai fosse necessario, chi era che comandava, che sarebbero stati pronti a passare sui nostri corpi pur raggiungere i loro fini. Probabilmente tanto altro ci sarebbe da dire sulla scelta di non proteggere il corteo, sull’idea di presentarsi in maniera pacifica e sperare nella pietà degli aguzzini. Ma a cosa servirebbe? A Genova cercavano il morto tra le loro file, per legittimare la mattanza. Ma hanno ammazzato uno dei nostri. Ricordo perfettamente qui giorni, pur non essendo presente. Avevo solo 15 anni ma avevo anche già scelto da che parte stare. Ricordo le discussioni accese a casa sull’opportunità di raggiungere Genova, ricordo le versioni distorte dei fatti fin dalle prime cariche della polizia. L’immediato diffondersi della notizia di un manifestante ucciso perché colpito da un sasso lanciato dal corteo e poi le prime immagini di un carabiniere che sparava ad altezza d’uomo da quel maledetto defender. Il corpo di Carlo agonizzante, martoriato, offeso, deriso sull’asfalto bollente di quella che non sarebbe mai più stata Piazza Alimonda. E poi il tentativo di insabbiare le prove di un omicidio, la macelleria messicana della Diaz nella notte seguente. Bisognava restituire credibilità a tutta quella catena di comando che andava dalla politica nazionale agli esecutori materiali della repressione. E quindi il massacro della scuola Diaz, in cerca di armi mai trovate. Spesso ho pensato che la nostra fosse una generazione di sfigati. Perché avevamo iniziato a fare politica nel dopo Genova, in quegli anni bui in cui nonostante un omicidio archiviato, un’ondata repressiva senza precedenti noi eravamo i cattivi che avevano devastato Genova (e c’è chi ancora sta pagando con pesantissime condanne per quelle giornate) mentre loro facevano carriera grazie ai crimini commessi in quei giorni. Da allora è stato 20 luglio ogni giorno. Sono passati 15 anni ma nulla è cambiato. Nessun reato di tortura, nessun numero identificativo, nessuna commissione di inchiesta parlamentare. Accuse di devastazione e saccheggio ed associazione sovversiva con finalità terroristiche somministrate come un rituale tutte le volte che qualcuno prova ad alzare la testa. Non è cambiato niente. Non è cambiata la nostra rabbia. Porto Carlo nel cuore in ogni corteo, presidio e percorso di lotta da quel maledettissimo 20 luglio 2001. Anche quando mi sembra di non avere più la forza, quando mi sembra che tutto sia perduto mi torna in mente quella sagoma col passamontagna farsi strada nella nebbia dei lacrimogeni e rimanere lì davanti fino alla fine. Carlo vive nella lotta, nel nostro impegno, sui muri delle nostre città.
A Carlo, per sempre ragazzo

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