Accusata di terrorismo su facebook dopo un viaggio in Palestina.
Comunicato di solidarietà ad una compagna internazionalista
Tante volte, nei nostri percorsi di lotta, ci siamo trovati di fronte ad una spietata realtà che ci porta a sentirci isolati. E’ triste dirlo ma è una delle prima cose che metti in conto quando scegli da che parte della barricata stare, quando hai le idee chiare su chi siano i tuoi nemici. Quando però si parla di Palestina tutto sembra incredibilmente complicarsi. Entrano in gioco dinamiche difficili da gestire proprio perché la questione palestinese è in sé molto complicata, racchiudendo in un unico discorso tutti quei mostri contro i quali ogni giorno ci troviamo a lottare. In Palestina è in corso un’occupazione da quasi 70 anni ed in questo tempo la Palestina è diventata il laboratorio internazionale nel quale sperimentare le più brutali tecniche di repressione e, nel peggiore dei casi, sperimentare armi di distruzione di massa. In Palestina è da anni in corso una pulizia etnica, nel silenzio più assoluto di gran parte delle “democrazie” occidentali e dei principali media mondiali. Tutto ciò che sappiamo sui crimini perpetrati dagli israeliani ai danni del popolo palestinese ci giunge dalle testimonianza di volontari, fotografi e giornalisti indipendenti che decidono di dedicare la loro vita a questa causa.
Nel periodo compreso tra aprile e giugno 2016, una nostra Compagna è stata in Cisgiordania, nei territori occupati palestinesi, con lo scopo di produrre un progetto fotografico che potesse mostrarci com’è la vita sotto occupazione militare e quanto difficile possa essere compiere le più banali azioni quotidiane per un popolo oppresso da decenni. Oltre ad un efficace e costante quotidiano lavoro di denuncia, si è spesa parecchio per dare il suo contributo come volontaria aiutando i palestinesi quando le è stato possibile e trovandosi spesso ad avere a che fare con situazioni estremamente rischiose.
Ritornata da una dura esperienza di vita, la nostra compagna ha ripreso la sua vita normale con la consapevolezza di cosa significhi vivere senza avere diritto a nulla di cui noi siamo abituati a dare per scontato. Il suo ritorno alla normalità – alla vita di paese di provincia – non è stato per niente facile sino a quando non ha scoperto si essere stata etichettata come “terrorista”. La nostra compagna, suo malgrado, si è scoperta vittima del clima di odio razziale e islamofobia diffusa che si vive nel nostro paese e che ha ispirato un suo concittadino sui social media, un fascista che vive nel suo stesso paese, noto per le sue esternazioni xenofobe e anti-islamiche e che l’ha accusata su facebook di essere una terrorista, fiancheggiatrice di organizzazioni estremiste islamiche.
Per giorni la nostra Compagna si è trovata ad avere a che fare con post deliranti, in cui le sue foto venivano associate a discorsi di odio contro i musulmani ed a precise accuse di sostegno al terrorismo islamico internazionale. Questo le è costato all’inizio un blocco della sua pagina facebook che, in sé, è davvero poca cosa se pensiamo alla gravità delle accuse che le sono state rivolte, ma, uscire di casa per andare al lavoro e scoprire che le accuse arrivate dal virtuale, si erano trasformate in – sguardi dubbiosi e talvolta minacciosi – delle persone reali ha messo in evidenza quanto la realtà sia terreno fertile per i fascisti e razzisti da tastiera.
Esprimiamo piena solidarietà e vicinanza alla compagna vittima di una campagna infame e denigratoria posta in essere da un razzista e invitiamo tutte e tutti gli antirazzisti pugliesi a sostenerla, affinchè sia chiaro, anche a Ginosa, che per i razzisti e le loro accuse infamanti non c’è legittimità, ne spazio.
Chi ha compagni non è mai solo.
NONSOLO MARANGE – Cassa di resistenza e supporto legale